ARTURO MARTINI

Treviso 1889 – Milano 1947

Di umili origini, Arturo Martini fu avviato all’arte presso la bottega di un orefice nella natia Treviso. Successivamente, cominciò a lavorare presso la fabbrica di ceramiche trevigiana Cacciapuoti e Sebellin, mentre seguiva i corsi della scuola serale d’arti e mestieri diretta da Giorgio Martini, padre del celebre incisore Alberto Martini. Dopo aver frequentato lo studio dello scultore Antonio Carlini, ottenne una borsa di studio per frequentare la scuola libera di nudo dell’Accademia di Venezia. Entrato nell’ambiente d’avanguardia della laguna, comincia a viaggiare all’estero per ampliare i propri orizzonti. Si reca prima a Monaco di Baviera, dove frequenta la scuola di Adolf Hildebrand; poi dal 1912 soggiorna a Parigi, insieme all’amico Gino Rossi. Giunge a Roma nel 1913 ed espone, l’anno successivo, alla II mostra della “Secessione”. Frequenta lo scultore slavo Ivan Mestrovic e la Galleria Sprovieri, dove è in contatto con Boccioni e il gruppo futurista. A Milano allestisce la sua prima personale presso la Galleria “Gli Ipogei” nel 1920 con la presentazione di Carlo Carrà. Tramite Carrà conosce Mario Broglio, che lo invita a collaborare a “Valori Plastici”. Espone alla mostra berlinese di “Valori Plastici” nel 1921, unico scultore a rappresentare le ricerche della giovane arte italiana.

Verso la fine dello stesso anno è di nuovo a Roma. Lavora per breve tempo in uno studio a Villa Strohl-fern, ma, costretto da un drammatico stato di necessità, fa ritorno a Vado Ligure, dove vivono la moglie e la figlia. Ritorna più volte a Roma nel 1922 e nel 1923; nel gruppo di “Valori Plastici” espone alla Fiorentina primaverile del 1922, presentato da Savinio, e la rivista di Broglio pubblica un gruppo di sue opere. Dal 1924 al 1927 soggiorna ad Anticoli Corrado, chiamato dallo scultore americano Maurice Sterne. Costui gli permette di lavorare nel suo studio, ma Martini deve, per contratto, realizzare a nome di Sterne un gruppo di sculture destinate ad un importante monumento in una città del Massachusetts (che riscuotono, fra l’altro, un grande successo). Momentaneamente sollevato dalle solite difficoltà economiche, riesce frattanto a esporre alla I Mostra milanese del Novecento italiano nel 1926 e, nello stesso anno, alla XV Biennale di Venezia, dove espone di nuovo nel 1928. Ha una sala personale alla III Biennale romana nel 1925, e alla I Quadriennale nel 1931 gli viene conferito il primo premio per la scultura. Tra le opere realizzate a Roma si ricorda, tra le altre, la statua della Minerva per la Città Universitaria. Tra gli anni ’30 e ’40 realizza i suoi massimi capolavori, imponendosi come il più originale scultore del Novecento italiano. La sua forte personalità influenza decisamente molti artisti attivi a Roma, da Quirino Ruggeri a Mirko e Fazzini, affascinati dalla grande inventiva e dagli arditi viaggi nel passato. Il suo scritto “La scultura lingua morta” del 1945 rimane tra le più illuminate pagine sul destino di questo antico mestiere.

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