Mario Mafai, Autoritratto, 1941, olio su tela, cm. 50x39

MARIO MAFAI

Roma 1902 – Roma 1965

Il padre è notaio, la madre dirige la Pensione “Salus” a Piazza Indipendenza. Il giovane Mafai abbandona gli studi regolari intorno al 1917 per dedicarsi alla pittura. Nel 1924 stringe amicizia con Gino Bonichi Scipione e insieme frequentano la scuola libera del nudo all’Accademia di Belle Arti. 
Nel 1925 si lega alla Raphaël da poco giunta da Parigi, dalla quale avrà tre figlie, Miriam nel 1926, Simona nel 1928 e Giulia nel 1930. 
Nel 1927 Mafai e Antonietta vanno ad abitare nella casa-studio in Via Cavour, frequentata anche da Scipione e Mazzacurati. Nello stesso anno Mafai esordisce nella “Mostra di studi e bozzetti” organizzata dall’Associazione Artistica Nazionale in Via Margutta. Nel 1928 espone alla XCIV Mostra degli Amatori e Cultori di Belle Arti. In questo periodo Mafai frequenta insieme a Scipione la Biblioteca di Storia dell’Arte di Palazzo Venezia, stringe rapporti di amicizia con Ungarettide Libero, Sinisgalli, Beccaria, Falqui
Nel 1929 espone, con Scipione e altri, al “Convegno” di giovani pittori a Palazzo Doria. Oppo appoggia il gruppo dei giovani romani e scrive dell’antimpressionismo di Mafai, che espone paesaggi e ritratti, richiamando i nomi di Utrillo, Derain, Vlaminck. Di lì a poco Longhi, recensendo la I Sindacale del Lazio, conia per il terzetto Mafai– Scipione– Raphaël la fortunata definizione Scuola di Via Cavour.
Ai primi del 1930 parte con la moglie per Parigi, ma nel novembre è di nuovo a Roma per una personale, con Scipione, alla Galleria di Roma diretta da Bardi. E’ una fase di transizione; i tenebrosi impasti che gli derivano dalle suggestioni museali cedono a un rinnovato interesse per la luce. Nel 1931 espone alla I Quadriennale di Roma, che farà conoscere la sua opera, con quella di altri esponenti della scuola romana, in una mostra itinerante negli Stati Uniti 1931-32; esordisce alla XVIII Biennale di Venezia 1932. 
Gli anni 1933-34 lo vedono impegnato in un intenso lavoro, che produrrà alcune fra le sue opere maggiori, Donne che distendono al sole del 1933, Nudo in riposo del 1933, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Lezione di piano del 1934 e la serie dei Fiori. Nel 1935 la II Quadriennale accoglie una sua personale con 29 dipinti, che sancisce la sua posizione e gli frutta un premio di 25.000 lire. Nello stesso anno si inaugura a San Francisco la “Exhibition of Contemporary Italian Painting”, mostra itinerante organizzata da Sabatello, che rappresenta la recente svolta in senso tonale della pittura romana. Il successo è ribadito dalla personale alla Galleria della Cometa del 1937, dove compaiono fra l’altro alcune delle sue celebri Demolizioni, raffinate meditazioni coloristiche che traggono spunto dagli sventramenti in atto nel centro storico. Alla XXI Biennale di Venezia del 1938 ha una sala insieme a Ziveri. Nel 1939 si trasferisce con la famiglia a Genova, per sottrarre Antonietta alle discriminazioni razziali; gli sono vicini i collezionisti e amici Jesi e Della Ragione, incontra Manzù, Guttuso, Birolli, si lega di amicizia con Sbarbaro. Alla seconda mostra milanese di “Corrente” alla Galleria Grande del 1939 espone le prime Fantasie, grovigli di nudi in conflitto o grottesche mascherate, dove i più vari riferimenti come Goya, Géricault, Grosz si affollano in una concitata atmosfera di terrore che preannuncia la guerra. Nel 1940 tiene un’importante personale alla Galleria Barbaroux di Milano; vince il Premio Bergamo con Modelli nello studio, 1940 Milano Pinacoteca di Brera. Nel 1941 ha una personale a Genova con Marino Marini. Nel 1943 ritorna a Roma e nel ’44 è tra i principali espositori della mostra “Arte contro la barbarie” promossa da “L’Unità” alla Galleria di Roma, dove presenta le Fantasie. 
Aderisce al P.C.I. e nel ’48, in una lettera a “Rinascita”, s’impegna, con altri, per un’arte contro il formalismo senza contenuti. Nello stesso anno la XXIV Biennale di Venezia ospita un’importante personale, che raccoglie opere dal 1938 al ’47. Da quel momento è un susseguirsi di mostre e premi, ricorderemo quello alla VII Quadriennale del ’55. La Biennale del ’58 accoglie 15 tele sul tema del Mercato, che abbandonano stretti riferimenti alla realtà nel prevalere di pure tessiture cromatiche. Gli esiti ulteriori di questa ricerca non figurativa sono esposti in una serie di mostre, alla Galleria La Tartaruga di Roma del 1959, alla Galleria Blu di Milano e alla Bussola di Torino del 1960, alla VI Biennale di San Paolo del Brasile del 1961.  
È l’ultimo periodo: dal raffinato cromatismo di Ricordi inutili del 1958, Rinascere del 1959, Ciò che rimane del 1960 si conclude con le spoglie e drammatiche Corde del 1960-63. In un primo bilancio dell’arte italiana fra le due guerre Mafai ha un posto di rilievo nella mostra storica sulla scuola romana curata da Castelfranco e Durbè alla Quadriennale del ’59. Tiene la sua ultima personale alla Galleria L’Attico di Roma nel 1964; in una nota in catalogo il pittore sottolinea la coerenza interna del suo lavoro, che, in un arco di oltre quarant’anni, lo ha portato a scelte innovatrici non per ansia di novità o frettoloso adeguamento, ma per esplorare, oltre l’essere, il possibile. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *