Mezzanabigli 1889 – Roma 1967
Figlio di attori, vive in Argentina fino all’età di nove anni. Tornato in Italia, frequenta a Firenze la scuola libera del nudo. Nel 1914 è a Roma, dove un anno dopo prende lo studio a Villa Strohl-Fern. In questa prima fase è attento a Cézanne, che può vedere alla prima mostra del gruppo della “Secessione” romana, e guarda ad Armando Spadini, figura importante nella cultura pittorica del tempo. Nel 1917 lavora nella compagnia dei Balli Russi di Diaghilev, collabora alle scenografie de Las Meninas (musica di Fauré, coreografie di Massine) e appresta le scene di Léon Bakst per Les femmes de bonne humeur. In questo periodo conosce Picasso, che segue a Parigi, collaborando con lui alle scene di Parade (musica di Satie, libretto di Cocteau, coreografie di Massine). Durante il soggiorno parigino incontra Derain e altri importanti personalità dell’arte francese. Con Picasso si reca a Barcellona e a Madrid, e insieme visitano il Museo del Prado. Ritornato in Italia, espone alla Casina Valadier al Pincio la Natura morta col piatto di mele e le cipolle, che suscita perplessità per via del personale “neoclassicismo” museale ma aggiornato alle tendenze internazionali. Lo stesso emergerà in opere successive, come Pesci del 1920, in cui Socrate coniuga un taglio cubista a sperimentazioni neocaravaggesche.
Nel 1926 Roberto Longhi gli dedica una monografia. Bagnanti, Venere Dormiente, Torso femminile, tutte dipinte nei primissimi anni Venti, sono opere in cui l’artista dimostra di orientarsi verso il “rappel à l’ordre”, tanto in termini di idee che di pittura. Un discorso analogo è affrontato nello stesso periodo da Donghi, Trombadori e Francalancia. Manet, Courbet, Ingres, Tiziano, Caravaggio s’intrecciano in una trama complessa di riferimenti per fissarsi in un’immobile, magica atemporalità. Dopo Portatrice di frutta del 1924, che è tra i suoi capolavori, alla mostra milanese del Novecento italiano espone Cacciatori del 1925, dipinto di particolare impegno. Fino alla morte la sua opera tenderà a ripetere, alleggerendoli, gli stessi motivi caratteristici, perdendo quella tensione che aveva stimolato la sua ricerca precedente. Negli anni compresi tra le due guerre Socrate espone soprattutto in mostre pubbliche: con il gruppo di “Valori Plastici” è presente alla “Primaverile fiorentina” del 1922 (presentato in catalogo da Alberto Savinio). È invitato alle mostre del “Novecento Italiano”, e nel 1931 è presente con una vasta personale alla prima edizione della Quadriennale. Vale la pena segnalare anche la sua attività di critico d’arte per il “Corriere Padano”, talvolta con lo pseudonimo di Carlo Lerrate.