Il 12 marzo è stata inaugurata la prima mostra nella capitale dedicata a Jago, scultore talentuoso conosciuto anche come The Social Artist in merito alla sua presenza sui social network attraverso i quali condivide la creazione delle sue opere con dirette streaming. La mostra viene accolta nelle sale di Palazzo Bonaparte in contemporanea a Bill Viola. Icons of light, omaggio ad uno dei più importanti protagonisti della video-arte.
L’esposizione, prodotta e organizzata da Arthemisia e da Jago Art Studio, si caratterizza fin dalle prime sale per un’ambientazione ricca di luce che accoglie una selezione di 12 sculture accompagnate da una rassegna stampa curata dalla professoressa e storica dell’arte Maria Teresa Benedetti. Le opere scelte guidano il pubblico alla scoperta della personale visione dell’artista mosso dal desiderio di tornare all’essenzialità delle cose. La sala iniziale accoglie alcune delle sue prime sperimentazioni scultoree nate dall’osservazione della natura, tra queste è interessante soffermarsi su Sassi (2016), opera simbolica del processo creativo dell’artista che riporta alla memoria del pubblico le grandi pietre che era solito raccogliere nel greto del fiume Serra alle pendici delle Alpi Apuane. Il lavorio incessante dell’acqua sul sasso diviene metafora perfetta per sintetizzare il processo creativo di Jago. Nella stessa sala è possibile ammirare altre opere importanti come In memoria di Sé (2015) in cui la pietra assume le sembianze di un grembo materno pazientemente lavorato dalle mani dell’artista nel tentativo di suscitare negli spettatori riflessioni sulla nascita e sul destino.
Dall’iniziale rapporto con la natura, Jago sposta negli anni la sua ricerca verso nuove fonti di ispirazione legate ad aspetti esistenziali e umani: vengono realizzate così opere monumentali come la Pietà (2021) e di grande impatto mediatico come Habemus Hominem (2009/2016), risultato di un gesto di radicale spoliazione dei paramenti liturgici dell’opera precedentemente intitolata Habemus Papam e raffigurante il Pontefice Benedetto XVI. L’opera subì a partire dal 2013 una profonda trasformazione in seguito all’abdicazione del pontefice, nel 2016 assunse l’aspetto attuale di un busto scarno e drammatico che rivela al mondo l’aspetto fragile di un uomo celato nel marmo delle vesti pontefice.
La mostra si caratterizza per un allestimento fortemente suggestivo, in ogni sala è possibile conoscere il processo inventivo dietro l’opera attraverso l’installazione di video monitor, il percorso condiviso consente di partecipare ad ogni passaggio esecutivo. Condivisione e contatto con il pubblico si trasformano in elementi chiave della mostra romana, durante la quale Jago sperimenterà il primo studio d’artista durante un’esposizione. Lo scultore lavorerà live alla realizzazione della sua prossima opera consentendo a tutti di entrare nel vivo dell’opera.
Francesca Tabacchini