Poggibonsi 1882 – Roma 1977
Nel 1902 si iscrisse all’Accademia di belle arti di Firenze. Allieva, come poi avrebbe sempre ricordato, di Giovanni Fattori per la pittura e di Augusto Bruchi per l’ornato, nel corso dei primi due anni ottenne in premio quattro medaglie d’argento. Nel 1904 conseguì il diploma accademico per l‘abilitazione all’insegnamento di disegno ornamentale nelle scuole secondarie, e l’anno seguente quello in figura disegnata e dipinta. All’Accademia strinse amicizia con il pittore Armando Spadini e la sua futura moglie, Pasqualina Cervone. Nel 1906 espose la sua prima opera (un grande autoritratto in abito da passeggio, con uno sfondo di nuvolaglie e di fronde) alla Promotrice per le belle arti di Firenze.
A quell’epoca la giovane artista subiva il fascino del romanticismo classicheggiante del pittore Giovanni Costetti, noto per la sua abilità di ritrattista. Nel 1911 sposa Emilio Cecchi. Subito dopo il matrimonio, celebrato a Poggibonsi, la giovane coppia si trasferì a Roma, in un’abitazione in via Nomentana 331, allora quasi campagna. Probabilmente in quel periodo Leonetta iniziò a tenere un diario, abitudine alla quale restò fedele per tutta la vita. L’abitazione romana dei Cecchi divenne, in breve, il punto di incontro di una cerchia di artisti e intellettuali, tra cui figuravano, come avrebbe ricordato la stessa Leonetta nei suoi scritti, Armando e Pasqualina Spadini, anch’essi trasferitisi a Roma, Antonio Baldini, Alfredo Gargiulo, Giuseppe Antonio Borgese, Fausto Torrefranca, Giovanni Amendola, Sibilla Aleramo, Vincenzo Cardarelli, Goffredo Bellonci, Cesare Pascarella, Angelo Signorelli e Olga Resnevic, sua moglie. Dopo la dolorosa perdita del primo figlio, Mario nato morto nel 1912, nel 1913 nacque Giuditta conosciuta con il nome ‘Ditta’, futura studiosa di letteratura inglese, traduttrice e moglie, nel 1947, del pittore Amerigo Bartoli Natinguerra, seguita nel 1914 da Giovanna ‘Suso’, futura sceneggiatrice, avrebbe sposato nel 1938 il musicologo e critico musicale Fedele d’Amico.
Nonostante le crescenti incombenze familiari, Leonetta non abbandonò la pittura. Negli anni successivi partecipò alla II e alla III Esposizione internazionale d’arte della Secessione. Nel maggio 1915 Cecchi, richiamato alle armi, partì per Alessandria come tenente di commissariato, e Leonetta si trasferì a Firenze. Nel 1996 L.C.P., secondo la sigla che iniziò a utilizzare per firmare le sue opere, partecipò alla IV Esposizione della Secessione romana con due dipinti: il Ritratto di Emilio Cecchi del 1911 e una Natura morta, che suscitarono l’interesse lusinghiero dei critici Cipriano Efisio Oppo L’Idea Nazionale, Arturo Maraini La Tribuna, Arturo Lancellotti Emporium. Furono, quegli anni Dieci e i primi del decennio seguente, i più fecondi per la sua arte, invasa allora da un sentimento del colore libero e carico. Nel 1917 nacque a Firenze il figlio Dario: futuro pittore, scrittore, costumista e scenografo cinematografico. Nel febbraio 1921, incoraggiata da Spadini, che l’aiutò a selezionare i lavori da esporre, Leonetta tenne la prima mostra personale alla Casa d’arte Bragaglia, LIX Esposizione, dove raccolse circa cinquanta opere a olio e ad acquerello. La mostra ricevette numerose recensioni lusinghiere, fra cui quella di Oppo, L’Idea Nazionale. Seguirono altre occasioni importanti: la I e la II Biennale romana, rispettivamente nel 1921 e nel 1923.
Nel 1924 i Cecchi si trasferirono definitivamente a corso Italia 11, in un appartamento al quinto piano, affacciato su villa Borghese. La loro casa, aperta agli amici ogni domenica, divenne un luogo di ritrovo abituale per la comunità letteraria e artistica romana. Agli amici che già frequentavano l’abitazione di via Nomentana prima della guerra si aggiunsero nuovi ospiti, destinati ad aumentare e variare nel corso degli anni: il giovane Nino Rota, Roberto Longhi e la moglie Lucia Lopresti alias Anna Banti, Leo Longanesi, Vitaliano Brancati, Mino Maccari, Gianna Manzini, Alberto Moravia, Elsa Morante e molti altri. Nel 1927 fu tra gli artisti selezionati da Margherita Sarfatti alla XCIII Esposizione della Società amatori e cultori di belle arti in una sala destinata a ospitare le opere di Dieci artisti del Novecento italiano, al palazzo delle Esposizioni di Roma. Nel luglio 1930 Pieraccini si imbarcò con il marito sul transatlantico Conte Grande per New York. Cecchi era stato invitato dalla Berkeley University della California a tenere due corsi di letteratura.
Leonetta restò tre mesi a New York, visitando, insieme agli amici Henry Furst e Mario Soldati, i musei e la città, alla quale consacrò numerosi dipinti, disegni e acquerelli. In questi anni partecipò a una serie di esposizioni: alla XVII Biennale di Venezia del 1930, alla II Sindacale del Lazio, alla I Quadriennale romana del 1931, a un’ampia collettiva sempre promossa dalla Quadriennale, e poi fu ancora al Baltimore Museum of arts, al Syracuse Museum of fine arts, 1931-32, nel 1933 alla I Mostra del Sindacato nazionale fascista di belle arti di Firenze. Dalla seconda metà degli anni Trenta le occasioni espositive divennero meno frequenti, così come la produzione pittorica dell’artista. Seguirono tre piccole mostre romane: alla Galleria di Roma con lo scultore Timo Borlotti 1941 e, nel dopoguerra, alla galleria La Finestra del 1950 e alla Saletta della Libreria Macchia del 1956.
Al progressivo rarefarsi delle mostre corrispose un maggiore impegno letterario: collaborò in qualità di giornalista di costume con diversi periodici e alcuni quotidiani, in particolare con Omnibus del 1937 di Longanesi, adoperando la firma Leonetta Cecchi Pieraccini o T.T.T., dal diminutivo Tètta, con Oggi, dal 1940, con firma T.T.T., e con Il Mondo dal 1958, con il proprio nome. Fu inoltre autrice di tre volumi: Visti da vicino di Firenze 1952 in cui rievocò incontri e frequentazioni con personaggi celebri: Cesare Pascarella, Trilussa, Fattori, Armando Spadini, Dino Campana, Medardo Rosso e molti altri; Vecchie agendine del 1911-1929, Firenze 1960; Agendina di guerra Milano 1964, nei quali narrò memorie storiche e personali. Per comporre questi libri, Leonetta attinse in larga parte ai propri diari, vera miniera di informazioni, osservazioni, aneddoti, compilati tra il 1911 e il 1971. I quaderni originali sono attualmente conservati presso l’Archivio contemporaneo Alessandro Bonsanti del Gabinetto G.P. Vieusseux di Firenze, mentre una copia dattiloscritta dagli originali, trascritta dalla figlia Suso Cecchi d’Amico, si trova nell’Archivio Leonetta Cecchi Pieraccini di Roma. Una prima parte dei diari è stata pubblicata Agendine 1911-1929, a cura di Isabella d’Amico a Palermo 2015.
Morì a Roma il 23 settembre 1977. Le è stata dedicata un’ampia mostra rievocativa a Poggibonsi nel 1999, a cura di Pier Paolo Pancotto.