Spoleto 1915 – Roma 1968
ll padre è professore di disegno e poeta dialettale. Nel 1935 Leoncillo si trasferisce a Roma, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti. Conosce de Libero e Cagli, ispiratori della Galleria della Cometa, e frequenta gli artisti della scuola Romana. Nel 1939, a Umbertide, si applica alla ceramica, tecnica che rimarrà una costante nella sua produzione, e che gli permetterà di approdare a quella sua peculiare identità di colore-materia. Fra le opere maggiori del primo periodo romano, ricordiamo i “mostri” mitologici: l’Arpia, la Sirena, l’Ermafrodito, che offrono una versione smagliante e barocca del repertorio mitico scipionesco.
Gio Ponti si interessa al suo lavoro, e nel 1940 gli allestisce una sala alla Triennale di Milano, con Fancello. Nel 1941 pubblica un Bestiario , corredato da tavole litografiche di Fabrizio Clerici e una presentazione di Raffaele Carrieri .
Partecipa alla Resistenza e dopo la Liberazione espone con Cagli, Guttuso, Mafai, Mirko e altri alla mostra romana “Arte contro la barbarie” vincendo il primo premio con le due versioni della Madre romana uccisa dai fascisti. Nel 1946 espone alla Galleria Palma nella Mostra dei Capidopera che comprende le opere d’arte applicata realizzate da vari artisti romani presso lo studio di Enrico Galassi.
Nel 1947 aderisce al “Fronte nuovo delle arti” con Corpora, Franchina, Fazzini e Turcato, e con loro espone alla Biennale di Venezia del 1948. Nel 1949 ha la sua prima personale, alla Galleria del Fiore di Firenze, presentato da Roberto Longhi. Nel 1955 esegue per Venezia il Monumento alla partigiana veneta, distrutto nel 1962 da un attentato.
Nel 1956 in seguito a una profonda crisi ideologica si dimette dal Partito comunista e inizia una severa revisione del suo lavoro dell’ultimo decennio. Nel 1957 espone alla “Tartaruga” di Plinio De Martiis, la nuova produzione decisamente orientata in senso informale. I suoi accesi cromatismi e il controllo della materia plastica e degli smalti, lo portano a risultati di altissimo livello, in cui affronta anche temi spaziali non lontani dalle aperture verso la quarta dimensione di Lucio Fontana.
Ha una sala personale alla XXXIV Biennale di Venezia del 1968, anno in cui muore prematuramente.